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Roma 2 Bodo/Glimt 2

Non c’è tempo per respirare in questa stagione, cari lettori di Noi e la Roma torniamo subito a parlare di un nuovo match dei giallorossi che ritrovano sia la Conference League che i norvegesi del Bodo/Glimt.

Orfani di capitan Pellegrini, Spinazzola, Smalling e Viña i lupi affrontano la partita all’Olimpico con il reintegro degli “epurati”: tornano a disposizione di Mou Villar, Borja Mayoral, Diawara e Reynolds, dopo che Kumbulla li aveva preceduti.

Si parte subito col botto con il mister portoghese che schiera un’insolita difesa a tre, centrocampo a quattro, due mezze punte dietro Abraham in fase di costruzione. Mi dispiace tornare a dirlo, ma anche questa non mi sembra una grandissima idea: già all’andata si era sbagliato inserendo 9 giocatori differenti e quindi, di fatto, togliendo alla squadra ogni punto di riferimento, ora sbaglia di nuovo cambiando modulo in una situazione emergenziale che richiedeva automatismi e sicurezza che tale variazione toglie.

Noi. E La Roma.

Siamo appena al quattro di Novembre e la Roma già presenta importanti sbandamenti sia a livello di uomini sia in quello che dovrebbe essere il punto fisso, vale a dire l’allenatore. Questa ricerca esasperata dell’effetto sorpresa, della novità, della mossa a spiazzare tutti non sta dando i frutti sperati, andiamo a vedere perché.

In porta Rui Patricio, costretto anche stasera a raccogliere dal fondo del sacco due palloni senza alcuna colpa diretta. Il primo gol subito è il classico gol della domenica traslato al giovedì con il pallone che si infila a pochi centimetri dal palo dove nessuno se lo sarebbe aspettato. Il secondo è uno stacco di testa dell’attaccante libero da marcature che ha tutto il tempo di incornare e di metterla dove Rui non può arrivare. Solo la sfortuna lo vinse.

Come dicevamo, difesa a tre con ManciniCristanteIbanez. Gianluca, capitano di coppa, comincia a dare segni di confusione e spaesamento: non sempre lucido nelle chiusure, si perde l’attaccante sul raddoppio e litiga col gol andando a colpire un palo da pochi passi a porta vuota. Roger, invece, giostra su un lato del campo che lo mette in difficoltà: col sinistro aperto sulla fascia laterale è sempre costretto a convergere verso il centro in costruzione perdendo tempi di gioco. Abile in marcatura, deciso e mai falloso, segna di pancia il gol del definitivo due a due partendo da posizione regolare.

Per fortuna che c’è Roger.

Bryan si ritrova nuovamente a fare il libero scalando in difesa. Senza grossi compiti di marcatura, il suo dovere è quello di saltare il centrocampo con precisi lanci lunghi per aprire il gioco sulle fasce andando a trovare una volta Karsdorp, una volta Zaniolo, una volta El Shaarawy liberi sulle fasce. In costante pressione sui calci piazzati, mal servito dai compagni che vanificano la sua presenza in area avversaria. Un giorno qualcuno ci spiegherà perché i corner ci riesce così difficili alzarli sul dischetto del rigore.

Linea a quattro di centrocampo con Karsdorp sulla destra, Darboe e Veretout centrali e El Shaarawy esterno a sinistra. Per tutto il primo tempo Rick viene cercato e servito coi tempi giusti e sufficiente precisione dai lanci di Cristante, ma lui riesce nell’ardua impresa di vanificarli tutti cercando una giocata che semplicemente non gli riesce: sia i cross che i tentativi di dialogo nello stretto con Nicolò, infatti, falliscono troppo spesso. Sempre in spinta sulla fascia anche nel secondo tempo, verrà bellamente ignorato o servito male nella ripresa.

Solita partita di sostanza e legna da parte di Jordan, orfano della convocazione in nazionale. Botte con gli avversari, strappi in proiezione offensiva, ma apporto nullo o quasi in fase di interdizione e contenimento, assolutamente da rivedere la gestione del pallone e la precisione delle aperture per gli attaccanti. Chi, invece, delude e sbaglia totalmente il match è Darboe. Vittima della stessa involuzione di Villar, che lo sostituirà nell’intervallo, il giovane ex primavera non ne combina una giusta sbagliando tutto lo sbagliabile nei primi, e suoi ultimi, 45 minuti.

Partita dalle due facce quella del Faraone Stephan novantaduesimo: se nel primo tempo è risultato oggetto estraneo alla costruzione del gioco, data la predilezione di Bryan per il lancio su Rick, nella ripresa prima acciuffa il pareggio con un bel tiro a giro sul secondo palo, poi mantiene alto il livello di protagonismo nella seconda frazione risultando l’uomo più pericoloso di tutto il pacchetto. Uscirà stremato a 3 minuti dalla fine.

A vederlo da dietro, è proprio una magia quella del Faraone.

Chi sale sul carro dei peggiori insieme a Darboe, sono i due giocatori dal quale sarebbe lecito aspettarsi qualcosa di più: Mkitharyan e Zaniolo. L’armeno, tolto dalla fascia e riportato in posizione più centrale, è ormai completamente perso: irriconoscibile, abulico, bolso e svogliato, non ne azzecca una nemmeno per sbaglio. Anche lui, come Ebrima, verrà sostituito nell’intervallo da Carles Perez che almeno avrà il merito di correre e provarci.

Se da un lato abbiamo Miky che si estranea dalla lotta, dall’altro abbiamo Nico che, invece, per la voglia di fare, di essere protagonista e di risolvere lui tutti i problemi della Roma gioca da singolo uno sport di squadra. Il mancato passaggio ad un liberissimo Tammy grida ancora vendetta e sdegno nei cuori dei tifosi e quel suo incaponirsi in improbabili uno contro uno con partenze da fermo sono sintomi di un giocatore che sta pensando più alle sue ossessioni personali (leggasi il gol) che al bene della squadra. Poco lucido e incerottato, dopo poco più di un’ora di gioco viene tolto anche lui dal campo.

Altro reparto, altra delusione cocente perché la più inaspettata. Ok, sappiamo che Abraham non è più al 100% e che un giocatore fisico come lui ha bisogno che ogni fibra del suo corpo sia al meglio per essere determinante, ma contro i norvegesi offre l’ennesima prova incolore, inodore e insapore. Non gli arrivano palloni giocabili, è vero, ma un bravo attaccante sa che se non può presidiare l’area in attesa del pallone è bene uscirne per venire a giocare o anche allargarsi sulle fasce per proporre un’idea diversa, lui invece insiste nel solito pattern per tutta la partita non cavandone però niente di buono.

Girandola dei cambi che inizia già nell’intervallo con l’ingressi già enunciati di Villar e Carles Perez, col passare del tempo faranno il loro ingresso in campo anche Shomurodov per Zaniolo, Mayoral per Abraham e Zalewski per El Shaarawy. Volenterosa la prova dell’uzbeko che cerca, per quanto può, di mettere grinta ed energia nelle giocate, riuscendo anche ad essere leggermente pericoloso; autore dell’assist per il gol del definitivo pareggio, Borja da timidi segni di ripresa: capendo che non è il caso di insistere per vie centrali, spesso si allarga una volta a destra e una a sinistra finendo per strappare una sufficienza di incoraggiamento. Solo sette minuti per il giovane polacco, rendono la sua prestazione ingiudicabile.

Oh, guarda chi si rivede…

Così la Roma fallisce la vendetta sui norvegesi di Glimt, rischiando addirittura di perdere anche in casa e rimarcando che oltre ad un problema di uomini e di rosa corta, forse (e sottolineo forse) c’è anche un problema di lettura delle situazioni da parte di Mou. Lungi da me voler criticare chi ha vinto tutto il vincibile, noto soltanto che le correzioni e le idee alternative messe in atto dal tecnico sono miseramente fallite. Due volte su due.

Niente è perduto, fuorché l’onore. Speriamo solo di non arrivare secondi nel girone. Testa al Venezia, che è meglio.

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