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QUE SARA’, SARA’

Spiace non aver visto la partita Atalanta-Roma in diretta TV ma sto recuperando da una fastidiosa infermità. Dal letto, con le cuffie, ho avuto modo di ascoltare la radiocronaca e solo stamani, vedere gli highlight e leggere gran parte di commenti e critiche espressi dai soliti noti (ossia quelli che attendono solo di salire sul carro dei vincitori o gli insoddisfatti di quanto prodotto da Mourinho alla Roma) e questo mi ha portato indietro di parecchi decenni e vi invito di fare la stessa cosa per il tempo di questa lettura.

Sono uno dei fortunati tifosi che ha assistito alla cavalcata della Coppa dei Campioni e alla maledizione dei rigori ma, nonostante tutto, ho sempre avuto fiducia indefessa per quei colori che al mondo di più belli non ce ne sono.

Grazie alla stagione successiva della finale con i Red Devil dove la Roma vinse la Coppa Italia disputando la finale con il Verona, la squadra acquisisce l’opportunità di vivere un’altra stagione in Europa in Uefa.

Noi tifosi siamo abbattuti per aver perduto il santone Liedholm e il nostro grande capitano Ago ma il presidente Viola ci ha regalato un’altro svedese, tal Sven Goran Eriksson che propone un calcio spumeggiante che nulla ha a che fare con quello compassato del Barone.

L’impresa in coppa inizia bene, eliminando il temibile Steaua di Bucarest e i sempre infidi gallesi del Wrexham e dopo questi due turni, il sorteggio ci assegna le aspirine di Monaco di Baviera, vero macinasassi, che annoverava tra le sue file giocatori del calibro di Matthaeus, Hoeness, Lerby, Augenthaler, Kogl e Pfaff.

Ma noi siamo la Roma e tutti fomentati come solo noi sappiamo, Monaco di Baviera si riempie di incredibili tifosi della Magica. Innumerevoli pullman, charter, treni speciali e molti in automobile, hanno condotto il giallo e rosso a riempire la grigia città della Baviera che per un giorno si rituffa in una sorta di Oktoberfest anche se siamo a marzo.

Rimango stupito dall’avveniristico allora Olympiastadiun e, come altre migliaia di romanisti, assisto ad una partita a senso unico. Ricordo che un paio di file più in basso vedo Claudio Amendola (presenza costante in Sud) sbracciarsi e fare il tifo come un ossesso. Il risultato non ci è amico e la Roma riporta a casa due sonori ceffoni che fanno male. Ma come si dice, nulla è perduto in quanto il 20 marzo affronteremo le aspirine in casa.

Un Olimpico (ancora non stuprato dai lavori di Italia ’90) pieno zeppo di tifosi si appresta ad essere il 12° uomo in campo e poco importa se diluvia a dirotto: è il giusto clima per una lotta con i lupi.

Le speranze si affievoliscono quanto Franco Tancredi alla mezzora del primo tempo, atterra Mathy diretto in porta, causando il rigore che Lothar Matthaeus segnerà portando in vantaggio i bavaresi. Per passare il turno ne dobbiamo fare ben 4 di reti e non è propriamente facile anche se Sebino quattrocosce Nela, ci regala il pareggio che tutti noi -immancabili sognatori- crediamo sia il sintomo della riscossa. Ma ci sveglia la seconda rete del Bayer realizzata da Kogl che mette termine a tutte le speranze.

Nulla è preparato. Tutto è quasi improvviso. Verso il 70° da un piccolo manipolo di ultrà della Sud parte un coro che nessuno conosce: è sulla musica di Que sera, sera, una canzone cantata da Doris Day in una pellicola degli anni ’50. Non è difficile impararla subito perché il testo è semplice e recita “Che sarà sarà, noi sempre ti sosterrem, ovunque ti seguirem che sarà sarà”.

Da quel nucleo centrale, il coretto si estende prima in Sud, poi nei Distinti quindi in Tevere e poi in tutto lo stadio. La gente è in piedi ed esibisce ognuno la propria sciarpa e continua ininterrottamente a cantare come se la Roma avesse non vinto ma addirittura trionfato. Dalle panchine tutti si alzano per vedere un incredibile spettacolo che non termina neppure quando l’arbitro decreta la fine della partita. Si tratta di un’emozione continua e dalla curva posso vedere il nostro portiere piangere di commozione, la stessa che tutti i presenti stanno vivendo sulla loro pelle piena di brividi.

Stupiti e colpiti sono i giocatori tedeschi che invidiano il tifo giallorosso per loro unico e lo stesso Lattek, l’allenatore del Bayern che pur ha girato molti stadi  afferma che mai aveva visto uno spettacolo simile in quel contesto.

Io c’ero e lo posso dire, come posso dire che vedo esagerato criminalizzare un paio di episodi che hanno condizionato il risultato di Bergamo.

Se siamo in semifinale di Europa League e quarti in classifica seppur a pari merito e consideriamo le sfortune che ci sono accadute durante tutta la stagione nonché i 30 legni colpiti (record continentale), lo dobbiamo in primis a Mourinho e poi a tutti i giocatori della rosa che hanno sempre dato quel che potevano anche quando non lo potevano fare.

Quindi, no pessimismo, no disfattismo ma sempre solo passione e tifo. E se proprio non ce la fate andate a gufare al paesello.

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