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PROFONDO HORROR

Era nell’aria, dati i presupposti iniziali, che la Roma sarebbe tornata da San Siro con un’altra sconfitta.

Il 3-1 rimediato contro la squadra di Pioli, che grazie ai giallorossi pare essere uscita dalla crisi, non ha giustificazioni se non vengono analizzate le circostanze che ha fatto dell’organico del terzo monte ingaggi di questo campionato, un cimitero degli elefanti.

Il problema è quello che l’attaccamento alla maglia di noi tifosi ci nega l’occasione per estrapolare i nomi dei responsabili di questa debacle che sta mortificando il campionato dei giallorossi. Ma forse è il caso di incominciare a prendere il toro per le corna e mettere sul banco degli imputati, quelli che sono i colpevoli di questo stato di fatto.

Come pare logico essere, il primo colpevole è la società nella figura di Dan e Ryan Friedkin. Se è pur vero che hanno salvato la società dal fallimento e durante il primo vero anno, sono stati in grado di affidare la squadra a Mourinho – allenatore vincente- e prendere un campione come Dybala permettendo di vincere una coppa europea e il secondo, arrivare alla finale di Europa League persa solo a causa di uno scellerato arbitraggio, è anche vero il fatto che nei momenti topici evitano di esprimere pubblicamente il loro pensiero.

I Friedkin hanno colpevolmente latitato con la UEFA della quale si proclamano amici, proprio nel caso specifico della scandalosa gestione della finale da parte dell’arbitro Tylor (freddo) e nonostante la presa di posizione circa la Super Lega, non hanno chiesto alcuna deroga ai paletti castranti imposti dai vertici del calcio europeo.

Oltre a questo la proprietà non ha mai pensato a mettere una figura che li potesse rappresentare e agisse da collante tra squadra, allenatore, DS, stampa e tifosi (forse Totti risultava troppo ingombrante e Boniek troppo combattivo?) ma ha lasciato a Mourinho l’incombenza di agire da parafulmine nel bene e nel male e a Tiago Pinto il compito di bilanciare le campagne acquisti e vendite con un budget che, innanzitutto doveva essere rispettoso dei limiti imposti dall’UEFA.

Come si fa a fare una squadra competitiva puntando su scommesse, campioni esauriti che arrivano a costo zero e prestiti di giocatori fuori rosa nella squadra di appartenenza? Si sapeva che Dybala fosse un campione ma a mezzo servizio e che, tanto per citarne uno a caso, Renato Sanchez aveva dei grossi problemi fisici.

Errori ne sono stati commessi e pure tanti dal DS che spesso ha acquistato spendendo una barbarità per giocatori risultati poi inutili o, peggio ancora, dannosi e incassando meno del previsto da giocatori sopravvalutati.

Certo che circostanze imprevedibili tipo l’infortunio di Smalling – perno della difesa- hanno nuociuto (e molto) sull’economia di una difesa che si era privata di un Ibanez che, vuoi o non vuoi, comunque dava una base di certezze.

Impensabile il regresso che si è visto su giocatori come Zalewski e Spinazzola ma anche gli ormai noti black out di Celik e Karsdorp mentre di Paredes bocciato dalla Juventus, si poteva intuire qualcosa.

Lukaku ha rappresentato un pannicello caldo in tutto questo marasma che ha visto naufragare anche Rui Patricio in odor di partenza e di Lorenzo Pellegrini, spettro del capitano che segnava e metteva interessanti assist fino allo scorso anno.

Non si poteva pretendere di più da un Belotti che, oltre alla generosità ha fatto vedere poco altro e da El Sharaawy smarritosi tra compiti offensivi e difensivi.

Ovvio che la combattività arcigna di Mancini, lo stakanovismo di Cristante, la voglia e la corsa di Bove non ci potevano portare in Paradiso ma, almeno si sperava, neppure far precipitare all’inferno.

Una galleria degli orrori che sistematicamente ci fanno patire in ogni partita dove la Roma risulta essere sempre incerta, paurosa, barocca e priva di idee e di gioco. Non si vincono le sfide sempre passando la sfera all’indietro nella speranza che il compagno che la riceva sappia cosa fare.

Riassumendo la squadra non possiede un gioco, non è sufficientemente combattiva e risulta priva di anima: praticamente tutto il contrario che caratterizza il suo tifo.

Indubbiamente in questo bailamme anche Mourinho ha le sue colpe e le sue responsabilità ma è in compagnia del dimissionario Pinto e di una società assente che, molto probabilmente prenderà la decisione di dare un taglio netto al passato anche se, operandolo adesso, farebbe più male che bene.

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