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Diego, un grande

Da amante del calcio non potevo non amare Maradona anche se giocava contro la Roma. Allo stadio quando c’era lui, ci si attendeva sempre qualche tocco di magia e il più delle volte non deludeva affatto.

Parlo del Diego calciatore, sempre in perenne dualismo con quel Pelè che nell’immaginario collettivo rappresentava il calciatore più grande di tutti i tempi. E, forse, una volta così era ma l’apparizione di Maradona aveva messo in discussione questo concetto.

Difficile dire chi è stato veramente il più immenso, dal momento che si parla di esaminare contesti fondamentalmente differenti. Ma già mettere in discussione la perla nera brasiliana è fonte di altissima (e rara) considerazione. Eh si che di calciatori fenomenali ce ne sono stati (Cruiff su tutti) ma nessuno in grado di contrastare quel duopolio Brasile-Argentina che ha diviso critici sportivi e semplici appassionati di calcio.

Ebbi modo di conoscere Diego all’Avana in una di quelle serate dove tutti invitano tutti e dove si ammira il rosso sole essere inghiottito dal blu cobalto del mare.
All’inizio non lo riconobbi (anche perché ignoravo che ci fosse) ma poi, mi resi conto che el Pibe de Oro stava proprio a due passi da me.
Certamente cambiato rispetto al Dieguito scugnizzo di Forcella, tutto ossa e riccioli neri, ma lo sguardo acuto e vivo era esattamente lo stesso.

Grazie ad una mia amica giornalista che conosco da oltre vent’anni, riuscii a farmelo presentare e a trovare immediatamente un feeling come quando incontri un amico che non vedi da tempo ma che senti molto vicino.

Si trovava a Cuba per delle non ben specificate cure ma era in formissima e, soprattutto, totalmente disponibile a parlare come ogni argentino. Ebbi modo di dirgli che una lontana parte della mia famiglia era emigrata in Argentina nel dopoguerra, per avere subito una sorta di intesa. Tra la gente che si accalcava per autografi e foto, compresi che non potevo legarlo a me con vicende tanto personali quanto lontane e rimase solo il tempo di strappargli la promessa di una intervista per il mio sito, lasciandogli un bigliettino da visita.
Rientrato in Italia, attesi una mail che non arrivò mai e mi pentii di non avergli chiesto la sua per non essere invadente e la storia terminò in quel modo.

Aver ricevuto la notizia della sua scomparsa, mi lascia con una profonda amarezza e con lo stupore di visualizzare, seppur in modo drammatico, il fatto che quella mano de Dios, in fondo, era la mano di un essere umano che non c’è più e lascia questo mondo un po’ più vuoto.

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