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Il futuro dell’AIC

Dimissioni di Tommasi

Era il 29 giugno 2020 quando Damiano Tommasi rassegnò le sue dimissioni dalla carica di presidente dell’Associazione Italiana Calciatori nel corso della riunione del Consiglio Direttivo. L’avvocato Umberto Calcagno, vicepresidente vicario, ha assunto le funzioni statutarie fino alla data delle prossime elezioni.

L’ex calciatore della Roma ringraziò e salutò con una lettera, nella quale descrisse il percorso intrapreso un decennio fa e che oggi qualcun’altro dovrà portare verso il futuro.

Il focus dovrà essere quello di mettere al centro calciatrici e calciatori senza lasciarsi distrarre troppo dalle politiche della Lega Calcio, che influenzano l’AIC, e dalle sue dinamiche interne.

Di seguito la lettera di Tommasi

La lettera di Tommasi

“Ciao a tutti, con queste righe vi voglio idealmente abbracciare e ringraziare. Oggi con le dimissioni dalla carica di consigliere e Presidente dell’AIC si chiude per me un percorso iniziato con l’ingresso nel Consiglio Direttivo nel lontano 1999.

Non è stato per nulla semplice nel 2011 prendere il testimone da Sergio Campana, dopo 43 anni di storia, con il rischio di rovinare il lavoro svolto fino a quel giorno.

I momenti complicati sono stati tanti e ne siamo usciti con l’unione e il gioco di squadra. Tra i più complicati il calcio scommesse nel 2011, lo sciopero della Serie A all’inizio della stagione 2011/2012, la tragedia in campo di Piermario Morosini ad aprile 2012, la riforma della Lega Pro con la proclamazione dello sciopero, le ripetute elezioni federali, lo sciopero della Serie A femminile revocato all’ultimo nel 2015, la mancata qualificazione mondiale per i ragazzi del 2018, la mia candidatura federale e i mesi di quarantena che ancora ci stanno mettendo sotto pressione. La squadra ha dovuto fare fronte comune e stringere le fila. Oggi è proprio l’unione che serve ed è per questo che ritengo utile per AIC, ma soprattutto per calciatrici e calciatori, lasciare gli incarichi di consigliere e di Presidente.

Quando accettai di candidarmi chiesi che fosse cambiato lo Statuto con l’inserimento del limite ai mandati per il Presidente (al massimo tre di 4 anni anche non consecutivi). Avere un “limite” è condizione essenziale per motivare e spingere a fare. Così è stato per me e sono contento di aver accelerato su tante iniziative.

Questo mio ultimo mandato sarebbe dovuto terminare con le elezioni dello scorso 27 aprile. Purtroppo, anche quelle sono finite in quarantena e abbiamo dovuto posticiparle.

Come già detto, però, la nostra Associazione ha bisogno di unione e voce univoca. Nell’ultimo periodo non è stato sempre così e per questo è bene che non ci siano divergenze all’interno della cabina di comando in vista dei prossimi appuntamenti.

Alcune mie idee e dichiarazioni, alcune riflessioni e iniziative sono state, negli ultimi mesi, troppo spesso motivo di discussione e contrapposizioni interne. L’AIC non se lo può permettere in questo momento. Nel prossimo futuro si dovranno mettere al centro calciatrici e calciatori senza lasciarsi distrarre troppo da AIC e dalle sue dinamiche. Sembra contraddittorio ma è una differenza tanto sottile quanto fondamentale. Pensare troppo ad AIC rischia di far perdere unione, forza e indipendenza. Per qualcuno suonano come parole vuote ma sono valori vitali da difendere e lo si riesce a fare solo attraverso la partecipazione e il coinvolgimento verso posizioni unitarie di calciatrici e calciatori. Questo cambio al novantesimo, quindi, va visto nell’ottica di voler togliere qualsiasi elemento di disturbo nella quotidianità dell’Associazione.

È questa, però, anche l’occasione, come detto all’inizio, per un saluto e un ringraziamento a tutti quelli che ci hanno permesso di avere un’Associazione forte e soprattutto indipendente e a voi che, insieme a quanti hanno vissuto l’AIC negli ultimi 9 anni, mi hanno aiutato nel delicato ruolo di Presidente a difenderla e a mantenerla “delle calciatrici e dei calciatori”. Nel bilancio di un percorso le cose positive sono esageratamente di più dei passi falsi e di questo mi sento soddisfatto e in debito con tutti quelli che hanno permesso di raggiungere determinati obbiettivi. Sarebbero pagine da riempire che non ho qui modo e tempo di fare, ci sarà occasione per farlo.

Per ora, quindi, grazie grazie grazie… dell’attenzione, dell’appoggio, delle critiche e dei consigli.

Buon finale di stagione e in bocca al lupo! “

Le cause delle dimissioni

Idee che sono state sposate, ovviamente, dal nuovo presidente, per tanti anni a fianco di Tommasi nelle battaglie contro il palazzo e contro alcuni presidenti che hanno, ed hanno avuto, e continuano ad avere nel mondo calcio.

Idee che vanno contro la corretta contrattualizzazione dei giovani calciatori, sui casi di mobbing denunciati e sulla questione legata al protocollo diagnostico nelle visite mediche, molto vivo soprattutto dopo la tragedia Morosini.

Altra questione critica, spinosa, ma certamente sempre attuale è il razzismo negli stadi nei confronti di alcuni tesserati.

Problema derivante dagli insulti e dai cori provenienti dagli spalti degli stadi, che è stato accantonato per la modalità in cui è stata disputata la fine della stagione e per come è iniziata quella in corso di svolgimento.

Umberto Calcagno

Secondo il Presidente Calcagno i problemi del calcio hanno radici più lontane dall’emergenza Covid. Nella sua intervista rilasciata all’ANSA, qualche giorno fa, Calcagno ha dichiarato: “Siamo di nuovo alle prese con il Covid anche all’interno del nostro mondo. Il settore dilettantistico e il settore giovanile stanno già scontando grandi restrizioni che rischiano di far collassare lo sport di base, consapevoli che anche il mondo professionistico non sarebbe in grado di reggere altre chiusure”.

Riprende Umberto Calcagno: “Sembriamo incapaci di una seria riflessione per cogliere i cambiamenti strutturali che servono; manca uno sguardo critico sul passato che ci permetta di cambiare le prospettive sul futuro. I problemi di oggi hanno una matrice ben più lontana dell’emergenza Covid, che ha messo a nudo le debolezze del nostro mondo. Oggi lamentano difficoltà i club di A, di B e Lega Pro, a testimonianza che nello sport c’è necessità di un’idea di sostenibilità e sviluppo che non può più prescindere da un’adeguata redistribuzione delle risorse. Non sono bastate le richieste di intervento al Governo; siamo fiduciosi che siano riconosciuti contributi per chi svolge attività dilettantistica e provvedimenti fiscali a sostegno delle società professionistiche”.

Conclude Calcagno: “Nel frattempo Federazione e Leghe continuano a interrogarsi sul futuro, limitando la disamina del problema alle solite questioni inerenti al taglio degli stipendi, una soluzione comoda e populista, utile a distogliere l’attenzione. È necessario ragionare su una diversa distribuzione delle risorse quale base della riforma del calcio, un nuovo patto sulla sostenibilità accompagnato da norme più rigide in sede di ammissione ai campionati e nei controlli stagionali.”

Questo in qualche modo è la linea del programma elettorale di Umberto Calcagno, che si può sintetizzare nello slogan “L’obiettivo è la sostenibilità. Bisogna costruire un percorso”

Durante l’intervista a Radio Anch’io Sport, sulle frequenze di Radio Rai, Calcagno ha dichiarato:

“Chi mi voterà non voterà solo me ma un gruppo di persone che ha sempre lavorato in associazione, il progetto parte da lontano. La mia esperienza personale da vicepresidente con Tommasi è importante, vogliamo far crescere calciatori e calciatrici”.

Notizia di questi giorni, in quanto proposta dalla Federazione per voce del Presidente Gravina, è quella relativa al taglio degli stipendi. Su questo tema Lega e FIGC, oltre ai club non hanno chiamato in causa l’Assocalciatori.

La candidatura di Calcagno

Il pensiero di Calcagno si racchiude nella seguente dichiarazione:

“Se si conoscessero meglio le dinamiche del nostro mondo si potrebbero valutare meglio le cose. Ci siamo riuniti con i club ma non era possibile fare un accordo unico che potesse comprendere tutte le squadre. Anche all’interno di una singola squadra le cose sono differenti: chi è in scadenza di contratto è messo in una posizione diversa rispetto a chi ha accordi lunghi. Abbiamo svolto il nostro ruolo e il risultato è sotto gli occhi di tutti: il buonsenso ha avuto il sopravvento”.

Altro tema importante è quello relativo al calcio dilettantistico. Calcagno ne fa un punto chiave:

“Certo, il mondo dilettantistico nella piramide del nostro sistema è una priorità, siamo riusciti a mettere calciatori e allenatori in sicurezza, e abbiamo anche creato un fondo solidaristico: tutti beneficeranno di un contributo”.

Il tema di attualità riguarda il protocollo Covid e il giallo dei tamponi della Lazio. La posizione di Calcagno su tale argomento è la seguente: “La procura federale e quella della Repubblica di Avellino stanno indagando. I protocolli vanno rispettati e stiamo parlando di salute. Mi auguro che le cose siano state fatte per bene, altrimenti potrebbero essere presi dei provvedimenti gravi. Spero che tutto venga risolto in fretta”.

Le idee innovative indicate da Calcagno nel nuovo programma elettorale sono le seguenti:

“Ognuno ha le proprie idee, anche continuando a fare le cose che abbiamo sempre fatto ci saranno novità, anche perché siamo in una situazione molto particolare. Il nostro coinvolgimento in ambito federale deve essere maggiore, non bastano solo le persone che ci sono adesso. Bisogna costruire un percorso, abbiamo bisogno di competenze e di ragazzi che si occupino di queste cose e che vengano coinvolti. Per questo dobbiamo creare anche le competenze ai calciatori che devono cercare di cambiare le cose da dentro”.

Dalla presidenza AIC alla Presidenza FIGC. La posizione dell’AIC sul nuovo presidente Federale è la seguente: “Dipende chi si candiderà. Il coinvolgimento dell’Assocalciatori dovrà continuare a migliorare, dobbiamo creare un nuovo patto per la sostenibilità. Gli stipendi sono al centro di tutto. Dobbiamo ridistribuire le risorse diversamente rispetto a quello che abbiamo adesso”.

Giuseppe Dossena

L’altro candidato forte è l’ex calciatore, campione del mondo del 1982, Giuseppe (detto Beppe) Dossena. Dossena ha vissuto il calcio come calciatore, ai tempi in cui la gavetta era d’obbligo e gli ingaggi erano in linea con l’economia nazionale, ma anche come dirigente di club, e di squadre giovanili.

In uno slogan Dossena ha dichiarato, postando questa dichiarazione su Instagram: “Il mio pensiero sul calcio e la relativa crisi economica prodotta dall’emergenza sanitaria del Covid-19. Il taglio degli stipendi ai calciatori non può essere una soluzione sostenibile per risolvere il problema. Dal punto di vista etico e morale le società devono rappresentare una tutela assoluta per i calciatori di ogni categoria. L’AIC ha il dovere di schierarsi apertamente su un binario di opposizione a certe iniziative, ma anche di opportuno confronto. Mi sento di dire no a situazioni che invece vanno solo nella direzione in grado di penalizzare i calciatori. Sarebbe più opportuno aprire un tavolo di confronto con tutte le parti interessate, per discutere sul tema e avere un dialogo chiaro e trasparente, mirato a difendere la cosa più importante. Il calcio e i suoi attori principali: i calciatori”.

La candidatura di Dossena

Come Calcagno, Dossena esprime il suo pensiero in un’intervista rilasciata a Radio Anch’io Sport, sulle frequenze di Radio Rai.

La sua decisione di candidarsi alla presidenza dell’Assocalciatori è un’esigenza. Infatti, Dossena ha risposto: “La scelta di candidarmi è nata, per prima cosa, perché non mi sembrava corretto ci fosse un unico candidato, poi l’Assocalciatori a mio avviso ha perso un po’ di forza negli ultimi anni. I giocatori devono tornare al centro della scena, si chiedono soltanto sacrifici. La mia paura è che ci stia arrivando addosso una cosa che ci sconvolgerà, servono idee per non andare incontro a momenti difficili”.

Relativamente alla tanto declamata sostenibilità economica richiesta all’AIC, Dossena ha asserito:

“Sì, può andare in crisi e c’è bisogno di un controllo delle spese. Siamo ancora in grado di recuperare cose che ci serviranno per la solidarietà in futuro. Credo che si sia speso un po’ troppo negli ultimi anni”.

Dossena presenta il suo staff e la sua linea: “Ho chiamato intorno a me professionisti legali e fiscali, per garantire solidità nelle proposte da presentare. Insieme a loro ho scritto il programma: l’AIC deve gestire l’emergenza con le proprie casse e con il proprio movimento, senza chiedere aiuto al Governo o allo Stato. L’emergenza, almeno nei primi anni, deve essere gestita internamente. Il calciatore deve essere al centro del sistema”.

Un tema importante al quale Dossena come ex calciatore tiene molto è quello legato al rapporto tra calciatori e arbitri: “Parto da un presupposto: gli arbitri possono sbagliare, come tutti, da giocatori ad allenatori. Tutti fanno parte di una comunità e serve lo stesso linguaggio. Deve esserci un dialogo, con ognuno che deve accettare le differenze degli altri”.

Gestione stipendi durante la pandemia. Il Dossena pensiero è il seguente: “L’AIC ha demandato erroneamente ai calciatori la gestione dei propri stipendi, non dovevano essere i giocatori a trattate con le società. Quando sento il presidente federale che dice che i giocatori devono aiutare le società penso che questa richiesta dovesse arrivare dalla Lega Serie A, non la FIGC. I calciatori la loro parte l’hanno sempre fatta”.

Le due candidature alla Presidenza FIGC note finora sono quella di Gravina e quella di Sibilia. La posizione di Dossena è la seguente: “Intanto devo diventare presidente: non mi sembra corretto oggi prendere una posizione. Rappresentiamo il 20% dei voti, dobbiamo ricostruire il nostro mondo come prima cosa”.

Uno dei temi trattati dalla Gazzetta dello Sport e anche una riflessione di tanti editorialisti. Ci sono tanti calciatori over 35 che sono protagonisti, questo farebbe presumere che la Serie A non sia più un campionato per giovani. Il pensiero dell’ex calciatore è importante: “Sì, siamo in una fase di involuzione. La fase difensiva era una nostra peculiarità, adesso non funziona più. Il modo di giocare è completamente diverso”.

L’ultima dichiarazione riguarda la stretta attualità. Le dichiarazioni di Marotta che asserisce che ci sono troppi match delle varie Nazionali. Da un campione del mondo del 1982, a cui la nazionale ha dato tanto, la risposta è sembrata scontata: “non si può negare ai giocatori la gioia di vestire la maglia della propria Nazionale”.

Conclusioni

Questo è il pensiero dei due candidati alla presidenza AIC.

Le due realtà evidenziano: da una parte un percorso da proseguire, che ha portato molti risultati, ma che è ancora lungo da perseguire, dall’altra parte delle nuove idee che vengono da un punto di vista diverso, da chi ha vissuto il calcio in tutte le sue sfaccettature.

Entrambi  i candidati hanno però evidenziato che bisogna mettere al centro dell’attenzione i calciatori e le calciatrici, che deve essere il focus di un’associazione che cura gli interessi di alcuni privilegiati, ma anche di molti calciatori dilettanti e professionisti che militano in serie minori.

Per chi ama il calcio e per chi lo pratica, l’AIC dovrebbe essere un punto di riferimento e queste elezioni potrebbero dare nuova linfa ad un mondo, spesso dipinto come dorato, ma che ha tantissime realtà fragili e ignorate, troppe volte portate avanti solamente dalla passione per questo sport.

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