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Lazio 3 – Roma 2

Certo, potrei fare lo stesso articolo di sempre analizzando l’undici iniziale scelto da Mourinho, dando una lettura più o meno valida alle singole prestazioni dei giocatori, ma per dire cosa?

Potrei dire che Rui Patricio è stato sfortunato sui tre gol presi, in quanto nessuno dei tre evitabile in qualche maniera. Potrei parlare dell’incapacità conclamata di Karsdorp nel fare le diagonali difensive e che a causa sua dopo 10 minuti siamo sotto nel risultato. Oppure della troppa vicinanza di Ibanez a Mancini nel gol di Pedro, che gli impedisce di chiudere sullo spagnolo nel momento del tiro in porta. Potremmo aprire un dibattito su quanto sia meglio un Viña incerottato, piuttosto che un Calafiori a pieno servizio e della troppa facilità con cui l’uruguaiano viene saltato nell’uno contro uno.

A rota de Mou

Saltare al centrocampo e sottolineare la reazione di orgoglio di Veretout, che non ci sta a perdere e nel momento più critico comincia a mordere le caviglie e a fare break a centrocampo, con continui assalti ai portatori di palla e buone giocate senza dimenticare la freddezza dal dischetto quando la porta è piccolissima e il pallone enorme. Della lucidità di Cristante che anche in condizioni critiche cerca di dare ordine e geometrie a una squadra che sta attaccando all’arma bianca, senza un’idea precisa. Oppure prendermela con lui per l’eccessiva leziosità di alcune giocate e l’eccessiva lentezza palla al piede, come tanti prima di me hanno fatto.

Continuare descrivendo la prestazione inconcludente di El Shaarawy, volenteroso ma poco fruttifero quando si tratta di quagliare il gran lavoro svolto sia da lui che dai compagni. L’assoluta mancanza di pericolosità di Mkitharyan, che al contrario di quanto mostrato nelle grafiche pre-partita ha agito da seconda punta alle spalle di Abraham per larghi tratti, ma girando sostanzialmente a vuoto.

Roger, per il 2 a 1

Potrei dedicare un intero capitolo alla resurrezione di Zaniolo, che finalmente ha rotto gli argini e ha ripreso consapevolezza e fiducia. Certo, gli manca ancora il fiato e deve migliorare in fase di copertura, ma vederlo ieri nel secondo tempo è stato un tuffo al cuore: un giocatore devastante, inarrestabile, fisicamente imponente, con una velocità superiore alla media e una tecnica palla al piede poderosa. Disperarmi perché gli è mancato solo il gol, ma è stato comunque il migliore in campo per distacco.

Concludere dicendo che Abraham tra poco comincerà a prendere per il collo i compagni che non lo seguono, che lo lasciano solo, che non lo servono in maniera corretta e precisa sia nei tempi che nei modi. Più che limitato dalle marcature avversarie, è spesso disinnescato dai propri compagni che non riescono a leggere le sue intenzioni e passargli la palla nel momento giusto, ma è una questione di affiatamento, ci arriveremo.

Passare a commentare i cambi e rimarcare quanto Shomurodov non sia in grado di fare l’esterno di centrocampo (ieri era palese il 4-4-2 scelto da Mou al posto del preventivato 4-2-3-1) e che abbia dato il meglio di se solo quando riportato al centro. Della buona “tigna” messa in campo da Carles Perez nei primi minuti, salvo poi insistere nell’egoismo e perdersi nei duelli contro i diretti marcatori, privilegiando ancora una volta la giocata singola piuttosto che quella di squadra. Della prova ingiudicabile di Smalling, anche se è sembrato leggermente arrugginito, poco fluido nei movimenti, imbalsamato in alcune circostanze.

Veretout, per il 3 a 2

Chiudere con l’emozione di vedere in campo Zalewski a poche ore dalla scomparsa del padre, vederlo piangere guardando in cielo a fine partita ci ha ricordato che quelli in campo sono ragazzi, uomini e non fredde macchine senza sentimenti e quanto sia importante la psicologia nel calcio, che se la testa non gira non girano nemmeno le gambe.

Potrei fare tutto questo, ma sarebbe un’analisi troppo fredda e distaccata che, nonostante le ore trascorse, ancora non sono in grado di fare. Ci terrei a sottolineare come in realtà in derby di Roma non sia iniziato ieri alle 18, ma al minuto 89 della partita contro l’Udinese col rosso a Pellegrini e che sia finito con la mancata espulsione di Leiva per una gomitata sulla nuca di Miky. Stesso fallo, due interpretazioni diverse, inaccettabile disparità di giudizio: se un gomito in testa è cartellino giallo, DEVE essere cartellino giallo sempre. Dov’era il VAR? Cosa stavano guardando? Non sono passate neanche 72 ore dal rosso a Lorenzo e già la regola è cambiata?

Ho visto più volte le immagini e da diverse angolazioni e ancora mi chiedo come sia possibile non dare il rigore su Zaniolo nel primo tempo, pochi istanti prima del raddoppio laziale. Nico viene strattonato evidentemente per un braccio e scalciato sul piede, poi abbattuto e sotterrato dal corpo del difensore che gli frana sopra. Difensore che MAI guarda il pallone e si preoccupa soltanto di abbattere il 22, disinteressandosi totalmente della sfera e procurando più di un danno impedendo, di fatto, a Zaniolo di proseguire l’azione. Anche qui il VAR non interviene per correggere un chiaro ed evidente errore. Si, i rigori poi vanno trasformati, ma tu intanto dammeli e annulla il 2 a 0, poi vediamo che partita esce fuori.

L’arbitro è l’alibi dei perdenti, non sono d’accordo: fin quando diverse teste daranno letture opposte alle stesse situazioni non si potrà mai parlare di un campionato equilibrato deciso soltanto dalle forze delle squadre scese in campo. In epoca VAR non è più accettabile che un fallo da doppia ammonizione sia valido un giorno e non più quello dopo. E in tutta onestà e lealtà sportiva, concludo dicendo che a parti inverse avrei sottolineato ugualmente gli errori: perché voglio vincere e quando lo faccio ci tengo che non ci siano dubbi sulla mia superiorità. Cosa che, invece, ieri non è affatto successa.

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